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Usare l’AI per combattere l’AI? Le analisi automatiche sulle tesi stanno colpendo gli studenti veri

lin james
2025-05-12
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In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale è diventata parte integrante della nostra vita quotidiana, anche il mondo accademico si trova a dover affrontare nuove sfide. Sempre più università italiane e internazionali stanno adottando strumenti di rilevamento AI nelle tesi di laurea con l’obiettivo di prevenire il plagio generato da modelli come ChatGPT, Claude o Gemini. image.png

Ma cosa succede quando questi strumenti iniziano a colpire proprio chi dovrebbe essere protetto? Gli ​studenti veri​, quelli che scrivono con impegno, ma che finiscono per essere “scambiati per robot”.


Quando scrivere bene diventa un reato

Alcune università, come l’Università di Sichuan in Cina, hanno fissato soglie precise: se più del 15–20% di un testo viene rilevato come “probabile contenuto AI”, la tesi non viene accettata.

Il paradosso? ​Più il tuo stile è scorrevole e coerente, più rischi di essere accusato di aver usato l’AI​. Al contrario, scrivere con errori o frasi spezzate aumenta le probabilità di essere “riconosciuto come umano”.

Ironia amara: stiamo davvero insegnando agli studenti che “sbagliare è umano”?


Come funzionano questi strumenti di rilevamento AI?

1. Analisi della Perplessità e dell’Entropia

Questi strumenti misurano quanto un testo è “prevedibile”. Un linguaggio naturale e fluido, tipico anche di uno studente preparato, viene interpretato come sospetto. Scrivere bene = sei un robot?

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2. Classificatori basati sul machine learning

Sono modelli “black box” addestrati su testi generati dall’AI. Se il tuo elaborato somiglia a quelli usati nel training, sei considerato colpevole. È un po’ come dire: “Assomigli al sospetto, quindi sei colpevole.”

3. Analisi stilistica

Valutano lunghezza delle frasi, complessità sintattica, frequenza di certe parole. Ma anche i grandi autori della letteratura classica finirebbero sotto accusa. Un esempio? Una poesia del VII secolo cinese è stata classificata per il 74% come generata dall’AI.


Costo vs. Beneficio: chi ci guadagna davvero?

Mentre strumenti come DeepSeek permettono di analizzare milioni di token con pochi centesimi, piattaforme più tradizionali come CNKI chiedono anche ​2 euro ogni 1000 parole​. Chi guadagna da questa nuova “industria della paura”? E soprattutto: le università capiscono davvero questi strumenti o li usano ciecamente?


E se invece usassimo l’AI in modo costruttivo?

Negli Stati Uniti, alcune università hanno già scelto un altro approccio: permettere agli studenti di addestrare il proprio modello AI utilizzando il materiale del corso. Poi, usano quel modello per scrivere relazioni e sostenere esami.

Questa è ​educazione con l’AI​, non contro l’AI. Un’idea che potrebbe rivoluzionare anche il sistema educativo italiano, portando materie come informatica al livello di matematica o italiano nelle scuole superiori.


XXAI: Accesso etico e accessibile all’intelligenza artificiale

Piattaforme come XXAI offrono un accesso integrato a modelli avanzati come GPT-4o, Claude 3.7, Gemini 2.5 e Perplexity, il tutto a partire da soli ​9,90 dollari al mese​. Una soluzione economica per ​stimolare la creatività e potenziare lo studio​, invece di reprimerlo.

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Il problema non è l’AI. È il modo in cui la usiamo

L’intelligenza artificiale non è il nemico. Il vero rischio è un suo ​uso rigido, cieco e privo di contesto​. Se una tesi ben scritta viene bocciata solo perché “troppo perfetta”, allora forse stiamo perdendo di vista il vero scopo dell’educazione: formare menti critiche, non punire talenti.